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Storia...

la storia siamo noi, nessuno si senta escluso

Quasi nessuno ne sapeva nulla.
Tra l'altro era passato così tanto tempo che si faticava anche a ricordare l'accaduto. Eppure oggi è venuto tutto alla luce.

Correva l'anno 1978 e Rampinini detto Pallina scorrazzava per le vie di Milano con il suo Ciao...

"Dai dai per i quarant'anni della maturità organizziamo qualcosa di davvero formidabile, inedito, qualcosa di storico che rimarrà nella nostra memoria per sempre, in modo indelebile.
Perché non andiamo tutti da Faber in Centro America? Dai cazzo facciamo un viaggio come si deve, tutti insieme almeno una settimana e ci divertiamo come non mai..."

Questa era l'idea scaturita già a Torricella del Pizzo, nota località dei ritrovi passati, quando festeggiammo il trentacinquesimo.

È bello sognare perché non costa niente. Ed è bello farsi delle promesse anche quando, si sa, non saremo in grado di mantenerle.
Oltrepassato il mezzo secolo di età restiamo sempre avviluppati ai meccanismi di una quotidianità che ci lega a doppio filo alla realtà contingente. Il lavoro, la famiglia, i soldi e, ora, il coronavirus.

Insomma per una palla o un'altra non si riesce mai a fare una cippa di niente.
Faber resterà da solo in quel di Panama City e ognuno di noi resterà confinato nella propria abitazione per il periodo di lockdown e oltre.

 

L’Istituto San Celso trae origine dal “Collegio Nava’’ fondato nel 1846, in via Crocefisso, con lo scopo, unico a Milano, di “accogliere giovanetti di famiglie di ceto medio e di permettere loro di essere convenientemente assistiti per ciò che riguardava istruzione ed educazione’’.

Nel 1862 il direttore, Sacerdote Domenico Nava, traslocò il convitto in Corso San Celso 52 (oggi Corso Italia) nell’edificio che aveva ospitato i granatieri ungheresi durante le gloriose cinque giornate, alle quali, secondo la tradizione, presero parte alcuni giovani convittori.
Don Domenico Nava volle, successivamente, denominare la nuova sede “Collegio San Celso’’ dal nome della vicina e antistante Basilica. Verso il 1870, l'Istituto, passato sotto la guida dell'ex capitano garibaldino Paride Galletti, risentì gli influssi e rispecchiò gli orientamenti dell'epoca e si fece quindi portatore dei nuovi valori etici e culturali del nascente stato unitario.

Nel 1903 un Sacerdote di rara cultura e probità, Don Patrizio Asti, Docente di matematica, assunse la direzione del Collegio e ne incrementò l'attività. Successivamente Don Asti, per motivi di salute, lasciò la direzione dell'Istituto al fratello Cavaliere Mario Maurizio Asti, uomo ben noto nella Milano dell'epoca, poiché congedato con onore dall'Arma dei Carabinieri a seguito della grave ferita riportata in un'azione, per la quale venne decorato di medaglia d’argento al valore militare. Nel 1910 il Cav. Asti divenne Direttore del collegio convitto di corso Italia, e con grande intuito offrì ai giovani convittori anche la possibilità dei soggiorni estivi al lago (Pescate – Lecco), al mare (Igea Marina – Rimini) e in montagna (Cavalese e Bellamonte – Trento). In tal modo il progetto educativo di studio e vita comunitaria si completava con il gioco, lo sport ed il contatto con la natura.


Siamo certi che i fondatori dell'Istituto San Celso alla vista dello scempio operato ai danni della mitica costruzione si stiano rivoltando nella tomba.

Tutti a festeggiare il trentesimo anniversario della maturità. Dove?
Ma a Torricella del Pizzo...

Visita alla Zapparoli - ©quintaliceo.it - Tutti i diritti riservatiUn bel giorno di sole, era sabato, Rotz era di ritorno dalla terra del conte Vlad dove lavorava per una nota casa di piumini, quando, su idea di Giodick, decisero di andare a trovare di sorpresa la Zapparoli che, li accoglie nella sua grande tenuta agricola nel novarese dove, insieme al marito, produce vino.
Cronaca del pomeriggio: "Giriamo un po' nella tenuta e poi finiamo a mangiare e bere, tanto per gradire."
Di tutte le voci che si erano susseguite dai tempi della maturità – ultima volta che avevamo incontrato Margherita e che la volevano sposata con un vecchio amico di sua madre, poi con un noto architetto e, ancora, con un ricco possidente bergamasco – viene tutto smentito perché il marito si rivela una persona molto affabile e simpatica.

Purtroppo l'unica immagine decente che è rimasta di quel giorno è questa...

Putost che nient - si dice - l'è mei putost!

 

 

 

 

 

 

 

Mentre sono in ufficio un giorno, di pomeriggio, guardando le ridenti case di Cologno Monzese, detto Pugliese per l'enorme presenza di cittadini provenienti dal Tavoliere, vengo folgorato dal pensiero che riguarda i miei compagni di scuola. Quelli del Liceo ma, moltissimi, anche delle medie e addirittura delle elementari.
Chissà che fine hanno fatto? Si saranno spossati, saranno laureati, che lavoro faranno? Mah.
Allora decido di cominciare la ricerca e, nel giro di nemmeno un mesetto li trovo praticamente tutti e organizzo una reunion come si deve, proprio in occasione dei dieci anni della maturità.
Li trovo quasi tutti. Un paio non sono più in Italia. Altri due, una volta raggiunti telefonicamente, mi dicono chiaramente che non gliene frega una beata fava di rivederci e che preferiscono ricordarsi di tutti come eravamo quando ci siamo lasciati.
Al momento mi girano un po' le balle però poi mi dico "che si fottano" e continuo per la mia strada.

Sento Teo, uno con cui sono rimasto in contatto perché abitavamo vicino e passavo davanti a casa sua ogni volta che andavo e tornavo da Pavia, la città dove ho fatto l'università. Lui, fa il veterinario, ha sempre avuto l'indole dell'organizzatore: avrebbe avuto un futuro come wedding planner o come creatore di eventi. In un paesino alle porte di Milano ha fatto di tutto: l'allevatore di conigli, il fotografo e il deejay e proprio nel "locale" dove si esibiva decidiamo che si svolgerà il mitico ritrovo.
Allora tutti al Mulino Rosso di Cisliano.

 

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